mercoledì 25 novembre 2009

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LUCA BENASSI E LA SUA CRITICA A "TRAGOEDIA", DI FRANCESCA FARINA, EDITRICE ZONA, 2008.

Poesia / Francesca Farina
"Come creatura senza meta"
"Musicalità dell’endecasillabo e rime inedite e sorprendenti"
di Luca Benassi (PUBBLICATO SU NOIDONNE, WWW.NOIDONNE.IT)
Il sonetto è senza dubbio la forma chiusa più usata nella letteratura italiana e l’amore è l’argomento più cantato in poesia. Chi dunque si mette a scrivere e chi legge sonetti d’amore deve fare i conti con una tradizione plurisecolare, declinata sia al maschile che al femminile, che ha plasmato gran parte della letteratura italiana. È una tradizione che pesa, che non si può liquidare e che allo stesso tempo è necessario rinnovare e a volte cercare di superare; eppure Francesca Farina riesce a entrarvi dentro senza farsi intimorire, sicura e consapevole delle proprie capacità, abitando la forma sonetto con una leggerezza e una abilità fuori dal comune. I sui sonetti scivolano sulla musicalità dell’endecasillabo calcato su costruzioni di rime inedite e sorprendenti: si tratta di una liricità diffusa, semplice a una prima lettura, che impregna testi di un’impronta sostanzialmente narrativa. “Tragoedia” (Editrice Zona, Arezzo 2008), dal quale sono tratti i versi qui pubblicati, contiene una corona di sonetti assai lontana dall’idea di canzoniere, dove l’amore è declinato nelle sue forme terrene più svariate. Se la sezione “Sonetti al bastardo” ripercorre una vicenda amorosa fatta di un continuo ritrovarsi e abbandonarsi, cercarsi, ignorarsi; la sezione “Familiares” trova il suo centro tonale nel rapporto con la terra d’origine, la Sardegna, con la madre e il padre, con una parente della quale si ripercorrono gli ultimi giorni di vita. È un amore, quello di Farina, dal risvolto amaro, dominato dal senso dell’abbandono, dalla precarietà della perdita, dove spesso la versificazione si fa rocciosa, inquieta, tagliente, drammaticamente consapevole di un destino di dolore. È dunque un amore che non può che sfogare, nell’ultima sezione “La tragedia dei giorni”, nella riflessione sul sé, sui percorsi fatti, su ciò che si deve compiere, su ciò che si è ricevuto dalla vita. Si tratta forse dei testi più forti, percorsi da una vena di sofferenza che proprio nella riproposizione della tragedia dell’esistere donano al lettore una possibile, personale catarsi. Ecco dunque che se Francesca Farina ricorda nel sonetto d’incipit come il suo stesso cognome sia grano che diventa pane e nutrimento, il testo di congedo contiene invece un’amara meditazione sulla morte: “La tagliola è scattata - che poi sia/ o lutto o malattia o di moneta/ si debba corrispondere ogni frutto -// o nella pania presto è avvoltolata/ la preda, destinata a ogni bassezza,/ consegnata alla morte, estremo lutto.”
Francesca Farina, nata a in Sardegna, risiede dal 1973 a Roma. Fin da giovanissima ha cominciato a scrivere poesie, racconti e diari, questi ultimi premiati in diverse occasioni. Nel 1998 ha curato la pubblicazione di “Framas” (“Fiamme”, in sardo) che raccoglie poesie del fratello, della madre e un suo racconto. Ha pubblicato le raccolte poetiche “Sulle ali dell'angelo”, “Nature morte”, “Metamorphòseon” e “Tragoedia”. Ha scritto, inoltre, tre sceneggiature: una basata sulla “Vita di Vittorio Alfieri scritta da sé medesimo”, una ambientata nella Sardegna dei primi anni Sessanta e intitolata “Tamarikes de preta” (“Tamerici di pietra”) e una tratta dal romanzo “Il giorno del Giudizio” di Salvatore Satta. Diversi sonetti e un romanzo sono in attesa di pubblicazione. Nel corso degli ultimi anni ha ideato e organizzato numerosi eventi culturali, come la “Maratona dei Poeti” e il “Leopardi’s Day” con letture poetiche in occasione dell’anniversario della nascita di Giacomo Leopardi.



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Non ti ricordo, non dirmi che non sai,
sei stato una bufera di sospiri,
un vento dei più amari desideri,
ma non sei qui, e quindi che ne fai

della tua assenza, di non mostrarmi mai
la tua figura, esausta e malcontenta,
la luce dei mattini, l’impazienza
che snerva e mi distoglie da altri guai?

Però, se adesso varcassi la mia porta,
se suonassi al citofono o il cellulare
modulasse il suo canto inespressivo,

mi strapperei dal petto il cuore vivo
per recartelo intero e farlo amare,
ma non lo rivorrei: senza di te me ne privo.



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E’ notte, ma vorrei fosse domani,
il giorno già intrapreso, il sole sveglio,
gli alberi che si dondolano nel prato,
illuminati da un mattino acceso;

e tu, dall’altra parte del giardino,
che già sorridi e aspetti che mi affacci,
e se mi vedi mi chiami, poi mi abbracci
appena scesa giù, a te vicino.

Invece, all’alba mi alzo, mi rassetto,
leggo il giornale, bevo il mio caffè,
nel silenzio ovattato; nulla aspetto,

tanto meno che tu ti accosti a me,
che telefoni o scriva: il mio segreto
è quello d’ignorarti, altro non cerco.



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Lui fu sorgente ed io sono sua foce,
che scorre verso un mare devastato,
il mondo senza pace ormai restato,
che arranca trascinando la sua croce;

era sgorgato dal più splendido monte
che mai conobbe, dal niveo Monte Albo,
che non ha nevi, ma è come imbiancato
da calce millenaria, eccelse rocce.

A poche leghe vi nasce un vero fiume,
il Tirso, nei suoi prati di Mannùri,
che trascorreva senza tregua, astato.

Egli non crebbe certo in molli piume,
ma percorse bambino aspri tratturi,
seguendo il gregge, suo bene adorato.




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Alla madre.

Lavi i piatti, ti asciughi poi le mani
a un vecchio canovaccio stropicciato,
ma il tuo viso, come quello diventato,
è ancora bello, con tutti i suoi domani.

Rimetti a posto le scodelle, i pani
che ingombrano il tuo desco apparecchiato,
poi ti volgi al camino incendiato
per riscaldarti un attimo, ma i cani

che ti mordono in petto non hanno posa:
sempre li aizza un antico tormento,
che non conosci ed è mutato in lutto

da quando il tuo figliolo, che era rosa
e sole senza nubi, tuo fermento,
è calato alla fossa, assurdo tutto.


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domenica 22 novembre 2009

BLUES MANTRA DI BIAGIO PROPATO PER VITO RIVIELLO

( Per Vito Riviello )



E ti aspetto, convinto che rispunterai menestrello e giullare
come ogni sera puntuale la nostra amica luna rispuntava
calante o crescente, mezza o piena, dalla tolda colorata
della nave di Fellini, dai rami dei cipressi del Verano
dalle torri delle mura romane affollate da ciurme di spettri
su di noi seduti nel tempio sempre giovane di Poesia
tra il sibilo di voci, forme e colori della Locanda

riecheggianti il Lupo della Steppa , Narciso e Boccadoro
il Darma del Sakiamuni, le storie e le fiabe ancestrali
come assopiti fossimo davanti alle fiammelle dei caminetti
della Lucania silvestre o nella sala dei commensali nell’isola
di Scheria incantati dal racconto di Odisseo tra Alcinoo e i Feaci
mentre Nausicaa chiusa e delusa nel suo verde pudore invidiava
Penelope, Circe e Calipso, e catàla catàla all’ammasùna se ne andava

Stavòta hai schirzàte seriament e nisciùne sàpede
si tutt iè vere o iè tutt nu scherz tremend
si u iuocu va nnant fine a fine du cchiù duce ngann

E ti aspetto, e ti vedo negli occhi di Lidia e nei passi di Daniela
dove torna a rivivere il tuo volto demotico e patrizio
travolto dalla piena, ora al guado inevitabile delle mutazioni
che ti hanno reso polvere cosmica non più mera presenza
ma infinita essenza non legata al soma in cui ti dimenavi
e non volevi più restare, quale ospite stanco e transeunte
poiché assaporavi già l’odore oltre la cortina, nel tuo segreto Dove

Sempre venire per poi andare, sempre esserci per poi non esserci!
Dove sei adesso, amico? Chi sono le tue nuove fidanzate? Ancelle
amorevoli come Silvia, Giuliana, Silvana, Prisca, Francesca, Lucy: lucky?
Hai incontrato altra sposa più fedele della tua ora nubile sposa?
Ci sono tante scale nel nuovo palazzo dove ora risiedi, condomini
rumorosi e pettegoli, drammi Assurdi e familiari, Città tra paesi
Questioni meridionali irrisolte, Sud del sud dei sud, Suddissimi Finisterre:

poetastri e astre che bramano divenire elette andando a letto con strambotti
e disgustosi mottetti, ignorando il duro lavoro dell’apprendistato:.la chiamata?

E ti aspetto, immaginandomi che tu esca dal portone e mi inviti
dopo aver gustato una macedonia con cura da Osvaldo preparata
a percorrere Via Dei Sabelli quasi fino alla Piazza dell’immacolata
dove Goti e Visigoti, sia gli Unni che gli Altri strombettano e rullano
canne e tamburi sotto lo sguardo paziente della lungimirante Selene
che tutto guarda e non ordina punizioni, che tutto illumina
e non chiede pagamenti di bollette, ma solo un verso solidale

Statt bbuonu amicu, cuntinua pure a ride Cuma nu Budda
picchi u tiemp nun si ferma mai pi dà seri cunsigghi
nu mùzzich’ i surrise a cu nun ha mai ridùte mmienz’ a paunigghia

Nel libro dell’Ecclesiaste è scritto: “ I vivi sono consci
che moriranno. I morti non sono consci di nulla.”
Non vi è differenza alcuna, per l’uomo e per la bestia.
Le anime di entrambi vanno nello Sceol, poiché tratti dalla polvere
ritornano alla polvere.”…ma l’Antico dei Giorni ridare può il suo Spirito
un abito nuovo al secondo Adamo, alla novella Eva
e il ciclo ricomincia: l’agnello e il lupo rumineranno la stessa erba

Che Babilonia! Che Sodoma! Che Gomorra! E Che San Lorenzo!
IALLA BINA , BISSM ILLAH IRAHMAN IRAHIM
TWENDE ORENDA WAKANTANKA CHUNKAWAKAN
HABA NA HABA HUJAZA KIBABA NAKA SUBABI
MUTIKATI KATI MUTI MUTIKATI TITIKATA KAKATUA
HIC SUNT LEONES, HIC ERAT MAGNUM NAKA KATA
( Aber...Meines vaters haus im suden steht,
sonne warmt es sanft und seeluft weht.
La casa di mio padre è laggiù nel sud,
dolce la scalda il sole, vi spira vento del mare.
E’ lì che tornare, che tornare io voglio!
Ich allein , Vito Riviello, bin wach und friere
Io solo, Vito Riviello, sono sveglio e le membra ho gelate.“)

E arocna it ottepsa odnepsa ehc non oved erattepsa!
E ancòra ti aspetto sapendo che non devo aspettare!
ACATI! Ora legno cavo verso la tua isola scorri
adempiendo il Palindromo, rivelando il vero nome
a chi ti ha atteso anche prima della partenza
e ora vive il dolore del viaggio conchiglia aperta agli echi
dei marosi e al suono vivo di sirene nel crepuscolo del pianeta

Ninn iame addùnc? Iamuninn prima ca a notte ni stròzzede u cannarruòzzu
mbruscinàmune ndass ciele bebbe bebbe chien’ i nuvole e cuccipinnèdde
ca ricamane u paràvise mpastate cu angiuli e culuri nda na divina tavolozza

Nel parco oggi ho seppellito Camilla il piccolo rondone
trovato una settimana fa sul muretto del Tevere caduto dal nido
e portato a casa avvinghiato al mio petto sotto sguardi stupefatti
sperando di allenarlo al volo, di renderlo libero nel vento.
Ho portato da mangiare ai piccioni, e so che più mangeranno
e più si avvicineranno verso il tempo della tremenda stasi.
Molto triste sono per Tutto, ma pieno di stupore per la vita!

Vito, tu sapevi che i tuoi Kukù avrebbero solcato gli azzurri
fatto sorridere i cieli aperti a ospitarti per sempre nella casa senza pareti
dove il Figlio dell’Uomo prepara stanze per i terrestri mortali
e freme per riaprire i sepolcri e liberare carni frantumate
nell’oblio giacenti per ricongiungerle allo Spirito Primèvo
tra voli e cori di Eloim in festa per l’epifania dei nuovi arrivati
nel Regno eburneo infinito dove decadono tutte le umane tirannie?

E ti aspetto ancòra sotto gli ombrelloni della Locanda!
Eccoti nella tua nuova forma che giungi piano e tranquillo!
Mi porti i saluti di Ugo, di Italo e di altri.
Mi dici che ora sei eternamente sveglio
e continui a fare versi da tutte le parti
poiché poeta fosti tra quelli che nascono
per essere poeti chiamati dalla poesia.

Fine a chi si ndu ball ball e dopu sball prima ca t’imbàllise
e si voi iess alticciu haia acchianà sup’u gautu tralicciu
pi trase ndu paràvise a quattr passi i stu munn curmu i ‘mpicci.

E àncora ti aspetto ancòrato a un ramo di salice in balia di correnti
iperboree, di rapide, di titanici flutti nell’alternarsi delle maree
quando Sele ne il suo alone lambisce la terra e rane gracchiano
dagli acquitrini con lo sguardo rivolto all’Ogdoade
per ricordarci il nostro sito sidereo originale
nel cui grembo ora navighi: già nelle Grandi Acque! Tu Amico!
TU che per me resti: COLUI CHE CAMMINA CON DANIELA!



ROMA 4- LUGLIO 2009
AUTOBUS 70 – SABATO ORE 15, 04 Biagio Propato
LOCANDA HERMANN ORE 20,O4

venerdì 20 novembre 2009

"FALLO COL NUMERO!" MOSTRA DI FELICE RAGAZZO

Comunicato stampa.

Presso l’Archivio Menna/Binga,
Via dei Monti di Pietralata, 16 - Roma
(da Largo Beltramelli, presso la Stazione Tiburtina),
Il giorno giovedì 3 dicembre 2009, ore 17.30, il designer
Felice Ragazzo
presenterà studi, prodotti, esperienze di geometria e design, in una mostra dal titolo
“Fallo col numero” (“Do it with numbers”).

Per l’occasione sono previsti interventi da parte del prof. Franco Ghione, ordinario di Geometria Algebrica e da parte del
prof. Carlo Martino,
direttore della rivista Design for Made in Italy.

L’evento è un’occasione per mostrare una visione euristica, ironica e disincantata dei numeri, della geometria e della forma. Con sequenze di immagini, videoproiezioni, oggetti realizzati, oggetti immaginati, campioni e prototipi. Con oggetti etnici trovati: curiosi, meravigliosi, stimolanti. Per inseguire un’idea di fecondo connubio tra numero e pregnanza del fare. Rassemblando tutte queste cose in una parola sola:

«aritmopoiesi».

Felice Ragazzo è docente free lance di Disegno Industriale presso La Sapienza Università di Roma, fa parte dell’Osservatorio Nazionale per il Design, è esperto del materiale-legno.

La mostra sarà aperta fino al 30 gennaio 2010.
Per informazioni 06 4103120; 06 36301333;
info@feliceragazzo.it - tomasobinga@libero.it

domenica 1 novembre 2009

MARATONA DEI POETI PER PASOLINI 2 NOVEMBRE 2009

SIETE TUTTI INVITATI ALLA "MARATONA DEI POETI PER PASOLINI" CH SI TERRA' ALL'ALEPH,IL CENTRO CULTURALE DI GIULIA PERRONI E LUIGI CELI, CHE VEDRA' LA PRESENZA DI NUMEROSI POETI, MA E' ANCHE APERTA A CHIUNQUE VOGLIA DARE UN CONTRIBUTO ALLA SERATA DI OMAGGIO A UNO DEI PIU' GRANDI POETI ITALIANI DEL NOVECENTO, ASSASSINATO NELLA NOTTE TRA IL 1 E IL 2 NOVEMBRE 1975, AD APPENA 53 ANNI. QUANTE COSE AVREBBE POTUTO DARCI, SE IL SUO PERCORSO NON FOSSE STATO TANTO DOLOROSAMENTE TRONCATO!

"NELLA NOTTE IN CUI FU TRADITO,
EGLI PRESE IL CALICE, LO ALZO'
E LO BEVVE FINO ALL'ULTIMA GOCCIA..."

MARATONA DEI POETI PER PASOLINI 2 NOVEMBRE 2009

CENTRO CULTURALE ALEPH
DI GIULIA PERRONI E LUIGI CELI
VICOLO DEL BOLOGNA 72, ROMA
LUNEDI’ 2 NOVEMBRE 2009, ore 18,00
OMAGGIO A PASOLINI
MARATONA DI POESIA
CON I POETI

DOMENICO ALVINO, PAOLO ARCERI, LUCIANNA ARGENTINO, SILVANA BARONI, LUCA BENASSI, TOMASO BINGA, PAOLO BORZI, MARIA GRAZIA CALANDRONE, LAURA CANCIANI, LEA CANDUCCI, MARIA CLELIA CARDONA, EMANUELA CELI, LUIGI CELI, TIZIANA COLUSSO, CHIARA D’APOTE, GABRIELLA DI TRANI, FRANCO FALASCA, FRANCESCA FARINA, LIDIA GARGIULO, CARLA GUIDI, IOLANDA LA CARRUBBA, FRANCESCO LIOCE, DONATELLA MEI, FARAON METEOSES, DANIELA NEGRI, IVAN PADUANO, PLINIO PERILLI, GIULIA PERRONI, ENRICO PIETRANGELI, ROBERTO PIPERNO, MIMMA PISANI, ROSSELLA POMPEO, BIAGIO PROPATO, CONY RAY, ELENA RIBET, LIDIA RIVIELLO, EUGENIA SERAFINI, LUIGIA SORRENTINO, GIUSEPPE SPINILLO, MARISA TOLVE.

A CURA DI FRANCESCA FARINA
SERVIZIO VIDEO-FOTOGRAFICO DI VINCENZA SALVATORE
ROSAFRANCEFARINA@FASTWEBNET.IT